Nonostante sia stata presentata circa 18 anni fa, la Ferrari Enzo resta una delle auto più performanti realizzate dalla casa automobilistica modenese. Inoltre, la supercar ha segnato il percorso prestazionale seguito dal più famoso produttore di auto sportive al mondo.
La Enzo prende il nome dal fondatore dell’azienda EnzoFerrari ed è stato il primo modello di Maranello a disporre di aerodinamica attiva, proponendosi come degno successore delle leggendarie 288 GTO, F40 ed F50.
Ferrari Enzo motore V12
Ferrari Enzo: l’esemplare n°2 guidato da Michael Schumacher è in cerca di un nuovo proprietario
Anche se il motore V12 aspirato nascosto sotto il cofano non ha nulla in comune con le monoposto GP, Ferrari ha dichiarato che chiunque guarda la Enzo o ascolta il rombo prodotto dal 12 cilindri pensa immediatamente alla Formula 1 e alla Scuderia.
Nel 2002, la vettura si è posizionata all’apice della gamma delle auto stradali di Ferrari e mostrava a tutti gli ultimi progressi della F1 e della tecnologia automobilistica in generale. A parte il propulsore V12 da 660 CV e 657 nm di coppia massima, la vettura proponeva altre caratteristiche degne di nota come la fibra di carbonio e la Nomex (materiali impiegati durante la costruzione del corpo a nido d’ape) e l’aerodinamica attiva.
Ferrari Enzo interni
Grazie a queste caratteristiche, la supercar è in grado di scattare da 0 a 100 km/h in soli 3,65 secondi e di raggiungere una velocità di oltre 350 km/h. Proprio come i modelli precedenti, Ferrari ha proposto quest’auto in pochissimi esemplari, esattamente 399 a clienti selezionati direttamente.
Poco dopo, Ferrari realizzò un’altra unità, la n°400, in dono al Vaticano. Visti i pochi esemplari prodotti, la Ferrari Enzo è senza dubbio un veicolo parecchio raro e inoltre alcuni esemplari sono più esclusivi di altri.
Ferrari Enzo frontale
Ad esempio, la secondaEnzo costruita è stata mostrata e guidata da nientemeno che Michael Schumacher sul circuito del Nurburgring e durante i Ferrari Racing Days nell’agosto del 2002 prima della presentazione pubblica al Salone di Parigi dello stesso anno.
Lo specialista di auto d’epoca Tom Hartley Jnr. sta proponendo in vendita proprio quest’auto che probabilmente è una delle migliori Enzo disponibili. Dal momento che è uno dei primi esemplari prodotti, ci sono alcune peculiarità come la trama in fibra di carbonio più evidente da sotto la vernice.
Se ciò non bastasse, il veicolo ha percorso appena 6448 km e viene fornito con custodia in pelle, chiave di riserva, manuali originali Ferrari, caricatore originale, torcia con marchio Ferrari e telo di copertura.
Il processo di fusione tra FCA e PSA continua. Come già anticipato nelle scorse settimane, ci vorranno ancora molti mesi prima che vengano risolte tutte le questioni tecniche e che si registri la nascita del nuovo gruppo. Probabilmente, sarà necessario attendere sino alla fine del 2020 oppure sino all’inizio del 2021 per l’annuncio ufficiale relativo alla fusione definitiva delle due aziende ed alla nascita del nuovo gruppo che punterà alla leadership del mercato auto.
Sul tema del nuovo gruppo FCA-PSA registriamo, in queste ore, nuove dichiarazioni di Carlos Tavares, attuale amministratore delegato di PSA e futuro amministratore delegato della nuova azienda che nascerà dopo la fusione. In un’intervista alla radio francese ‘Rtl’, Tavares ha risposto, per la prima volta, ad una domanda sul nome del nuovo gruppo “Non abbiamo ancora il deciso il nome. E’ in corso un brainstorming. Sarà un nome che ci permetterà di aprire un nuovo cammino”.
In queste settimane, in rete, si sono lette le ipotesi più disparate in merito al nome della nuova azienda che nascerà dalla fusione tra FCA e PSA. Al momento, come sottolinea Tavares, non è ancora stata presa una decisione anche perché non c’è alcuna fretta. Il nome del gruppo, per quanto importante sotto diversi punti di vista, rappresenta ad oggi una questione “secondaria” in quanto sia FCA che PSA sono al lavoro sulla risoluzione di tutte le questioni tecniche necessarie al completamento della fusione.
La scelta della sede
Oltre al nome dell’azienda, Tavares ha toccato argomenti ben più importanti a partire dalla conferma che gli stabilimenti di produzione di FCA e PSA resteranno aperti, senza alcun taglio: “ci siamo impegnati a non chiudere degli stabilimenti come conseguenza di questa fusione“. Tavares ha anche commentato la scelta della sede del gruppo: “dal 2021 non c’è alcun vantaggio fiscale nei Paesi Bassi”.
Tale scelta è stata fatta per altri motivi. Continua Tavares: “che cosa avrebbero pensato i francesi se la nuova sede del gruppo fosse stata a Torino? che cosa avrebbero pensato gli italiani se la nuova sede fosse stata a Parigi? ecco che così si spiega la nostra decisione. La nuova azienda che nascerà è un’azienda europea”.
Le potenzialità del nuovo gruppo FCA-PSA
Tavares si è anche soffermato sul futuro del nuovo gruppo e sulle potenzialità di crescita che l’azienda che nascerà dalla fusione tra FCA e PSA potrà avere. Secondo Tavares, sia FCA che PSA godono attualmente di ottima salute e unendo le forze potranno dare vita ad “una famiglia mista” in grado di registrare un’importante crescita futura.
Il futuro amministratore delegato sottolinea i vantaggi della fusione tra le due aziende: “Siamo complementari e insieme, creando un gruppo di dimensione mondiale, saremo in grado di affrontare le sfide del futuro. FCA è molto forte in America del Nord e in America del Sud mentre uno dei punti di forza di Psa è in Europa. Insieme cercheremo di conquistare il mercato asiatico e cinese”.
Ricordiamo che unendo le forze, FCA e PSA potranno sfruttare, secondo le prime stime, sinergie annuali per circa 3.7 miliardi di Euro. Il nuovo gruppo, come confermato negli ultimi mesi, prevede di utilizzare due sole piattaforme (una di segmento A/B ed una di segmento C/D) per coprire i 2/3 dei volumi di vendita. Queste due piattaforme arriveranno dal gruppo PSA.
I marchi del gruppo FCA potranno sfruttare appieno la condivisione delle risorse con i marchi di PSA per espandere la gamma in Europa. Allo stesso modo, PSA potrebbe avere la possibilità di rientrare nel mercato nordamericano. In Sud America, FCA e PSA potranno conquistare la leadership dell’intero mercato, rafforzando il ruolo di primo piano che, ad oggi, ha il gruppo italo-americano.
Per i mercati asiatici, invece, sarà necessario studiare strategie specifiche per poter sostenere una crescita a lungo termine. Una volta completata la fusione, nel giro di pochi mesi, il nuovo gruppo dovrebbe realizzare un nuovo piano industriale a lungo termine per avviare il processo di crescita futura. Continaute a seguirci per tutti gli aggiornamenti sulla questione.
Se pensate che la SF90 Stradale sia la vettura di Maranello più bella vista fino ad ora, allora potreste ricredervi dando un’occhiata a questo concept progettato da Murray Sharp chiamato Ferrari Stallone.
Nel progettare il veicolo, Sharp ha cercato di combinare la finezza e la bellezza della Ferrari 250 GTO con le linee da corsa audaci e senza compromessi della mitica F40. Lo studio ha attraversato una serie di step prima di arrivare al risultato finale.
Ferrari Stallone, un concept che combina le caratteristiche delle 250 GTO ed F40
Ferrari Stallone: la nuova hypercar di Maranello secondo Murray Sharp
La parte anteriore della Ferrari Stallone è dotata di una serie di prese d’aria e di fari ben evidenti. La supercar include anche uno splitter anteriore realizzato in fibra di carbonio e delle piccole telecamere orientate verso il posteriore che sostituiscono i tradizionali specchietti retrovisori esterni.
La Stallone vanta, poi, un parabrezza con un design più curvo rispetto a ciò che abbiamo visto fino ad ora sulle supercar del cavallino rampante. Questo ha permesso a Sharp di spostare la posizione dei montanti anteriori per migliorare la visibilità esterna. I laterali della supercar dispongono di ampi tunnel d’aria volti a migliorare l’aerodinamica.
Ferrari Stallone profilo laterale
Per quanto sorprendenti possano essere la parte anteriore e i laterali, il retro di questo concept è davvero uno spettacolo in quanto troviamo un diffusore, una luce per la pioggia ispirata a quella delle monoposto F1 e dei fanali posteriori a LED semicircolari.
La Ferrari Stallone è dotata, inoltre, di terminali di scarico di prim’ordine molto simili a quelli della Porsche 918 Spyder. La prossima hypercar della casa automobilistica modenese è attesa dopo il 2022 come confermato verso la fine dell’anno scorso.
Il nuovo bolide dovrebbe concentrarsi su leggerezza, aerodinamica e controllabilità e quindi meno sulla potenza. In attesa delle prime informazioni, godetevi questo interessante concept realizzato da Murray Sharp.
Fra il 1963 e il 1970, Maserati ha realizzato in pochissimi esemplari la speciale MaseratiMistral. Il nome deriva dal vento freddo della Francia meridionale che fu suggerito dall’importatore francese John Simone.
Presentato originariamente con il nome di 3500 GT 2 posti, il veicolo preso il posto della 3500 GT e reso disponibile sia in versione coupé che spider. Complessivamente, la vettura disegnata da Pietro Frua venne prodotta in 945 esemplari (830 coupé e 125 spider). Uno di questi è stato proposto all’asta da RMSotheby’s in Arizona il 16-17 gennaio, esattamente la Maserati Mistral Spyder, e venduto per 302.000dollari.
Maserati Mistral Spyder motore
Maserati Mistral Spyder: RM Sotheby’s vende all’asta uno dei soli 37 esemplari con motore da 4 litri
Il telaio n°665 è una delle sole 125 spider realizzate e solo una delle 37 equipaggiate con il motore da 4 litri. A bordo è presente l’aria condizionata AutoClima e include un hardtop di fabbrica molto raro.
La casa automobilistica modenese presentò il prototipo Mistral durante il Salone di Torino del ‘63 mentre la piena produzione partì l’anno successivo. Durante la produzione della Mistral Spyder, furono messi a disposizione tre motori di cui il 4 litri presente su questo esemplare.
Maserati Mistral Spyder interni
Abbiamo di fronte l’ultima vettura del Tridente equipaggiata con il famoso e ben collaudato propulsore a sei cilindri in linea. La versione da 4 litri permetteva al veicolo di scattare da 0 a 96 km/h in poco più di 6 secondi e di raggiungere una velocità massima di oltre 240 km/h.
Grazie a un telaio più rigido e più corto, la nuovaMistral si è distinta per il suo carattere più sportivo rispetto alla Sebring 2+2. Il telaio n°665 proposto all’asta da RM Sotheby’s è rifinito in colore nero e si presenta in ottime condizioni. A bordo troviamo una capote nera e un raro hardtop di fabbrica anch’esso nero. Il veicolo vanta, inoltre, degli pneumatici Pirelli P4000 Supertouring montati su cerchi Borrani.
Maserati Mistral Spyder frontale
La Maserati Mistral Spyder era originariamente equipaggiata dal desiderabile motore da 4 litri. Tuttavia, l’unità originale è stata sostituita con un Tipo 109 da 4 litri proveniente dalla Mistral coupé e dotato di carburatori Weber.
A fianco al propulsore troviamo una trasmissione manuale a 5 rapporti. Gli interni sono rifiniti in pelle beige e inoltre c’è una volante con bordo di legno EFFFPI, oltre ad alzacristalli elettrici, aria condizionata AutoClima e radio.
Il 2020 è l’anno dei 90 anni di Pininfarina, un momento importantissimo nella storia di questo carrozziere che negli anni recenti ha anche divagato oltre i confini del mondo dell’auto. Vogliamo quindi celebrarlo ripercorrendo la storia di cinque vetture straordinarie, tutte disegnate dal noto carrozziere:
I 90 anni di Pininfarina saranno celebrati sfruttando tutta una serie di eventi e iniziative che partiranno da Milano, per poi diffondersi in tutto il mondo. Il 22 maggio del 1930 Battista Farina, detto anche Pinin, diede vita alla Società Anonima Carrozzeria Pinin Farina con sede a Torino in Corso Trapani. Un prodotto unico in grado di realizzare alcune tra le più affascinanti automobili di tutti i tempi. Ma oggi Pininfarina è un simbolo di design e dedizione, con lo sguardo rivolto a settori diversificati: architettura, nautica, trasporto ferroviario e così via. Una filiera che trasborda dall’unico desiderio legato inizialmente all’automobile.
Nel nome del padre
L’appellativo Pinin derivava dal dialetto piemontese che in quella parola tronca vedeva un diminutivo del più noto Giuseppe. Un soprannome degno di un certo affetto quello fornito al piccolo Battista, utile a sottolineare la proverbiale somiglianza col padre che faceva proprio Giuseppe di nome.
Un appellativo divenuto importante quando nel 1961 l’allora Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi decise di integrarlo, con decreto, nel cognome di Battista. Da quel momento in poi divenne per tutti Pininfarina. Quell’uomo già da ragazzo manifestava una forte propensione per l’arte e per l’eleganza delle forme, senza mettere da parte un istinto manageriale di gran classe. Il figlio Sergio, i nipoti Andrea (deceduto nel 2008 a seguito di un incidente stradale), Lorenza e Paolo ora presidente hanno portato avanti un’azienda straordinaria come poche.
Battista Farina detto Pinin
La scuola di Pininfarina è stata una fucina di grandi designer d’automobili, un riferimento assoluto del Made in Italy. Già nel 1978 Pininfarina sperimentava la prima vettura elettrica mentre sei anni prima cominciavano le ricerche in galleria del vento già attiva nel 1972.
Si è cominciato alla Triennale di Milano
I festeggiamenti relativi ai 90 anni di Pininfarina sono cominciati alla Triennale di Milano grazie ad una mostra intitolata “The State of The Art of Architecture Milano”. L’esposizione è stata inaugurata lo scorso 18 febbraio dal presidente Paolo Pininfarina assieme all’AD Silvio Pietro Angori. L’esposizione integra i tre settori in cui nel tempo si è specializzata l’azienda: stile e ingegneria dell’auto, design industriale e architettura.
Paolo Pininfarina ha comunque voluto sottolineare che Pininfarina è rimasta sempre quella degli Anni ’30 “c’è la stessa centralità del disegno, il senso estetico capace di creare bellezze senza tempo senza escludere una vera ossessione per la qualità. Vogliamo rappresentare una tradizione che unisce tecnologia, industria e ricerca stilistica propendendo per collaborazioni di lungo periodo. Abbiamo costruito 90 anni di innovazione”.
Anche l’AD, Silvio Pietro Angori, ha sottolineato che “da 90 anni aiutiamo i nostri clienti a trasformare i sogni nella realtà disegnando il futuro. Creiamo valore per tutti quelli che si affidano a noi per la fornitura globale di servizi diversificati”. L’esposizione rimarrà aperta fino al prossimo 29 marzo e permette anche di ammirare modelli in scala della Cisitalia 202, della Modulo, della Ferrari 250 Le Mans o della Maserati Birdcage. Non mancano poi il condominio di gran lusso Cyrela, la torre di controllo del nuovo aeroporto di Istanbul o lo yacht Super Sport 65.
Curriculum sconfinato
Il curriculum di Pininfarina è ovviamente unico. L’azienda ha progettato infatti più di 1.200 automobili oltre ad aver firmato circa 600 diversi progetti di vario genere. I 90 anni di Pininfarina vengono celebrati anche dal nuovo logo che aggiunge il numero 90 alla precedente impostazione grafica. Oggi Pininfarina controlla tre aziende sul nostro territorio: la Pininfarina SPA, la Pininfarina Engineering e la Galleria del Vento di Grugliasco. Parliamo comunque di un gruppo internazionale con sedi in Germania, USA e Cina, capace di ben 700 dipendenti. Il settore su cui punta maggiormente oggi Pininfarina è l’architettura, ma il legame con l’automobile rimane quello più saldo. Le celebrazioni proseguiranno anche a Torino e in Cina. Poi al Concours d’Elegance Pebble Beach in California e alla Design Week di Miami.
In questi giorni è stato anche annunciato il nuovoChief Cretive Officer del gruppo che sarà Kevine Rice. Rice possiede una grande esperienza nel mondo del design dell’automobile con esperienze in Mazda e BMW, per le quali ha firmato vetture di enorme successo. La sua Mazda MX-5 ha vinto anche il Red Dot Award nel 2016. Il 56enne inglese guiderà tutti gli aspetti legati al design di Pininfarina.
La passione al posto del sangue
Battista Farina vive di passione d’auto, meglio se originali e uniche. Era il decimo di ben undici figli di una famiglia povera. Ma il giovane Pinin aveva cominciato ad armeggiare molto presto con lima e martello, facendosi apprezzare subito da Vincenzo Lancia e qualche anno dopo anche da Giovanni Agnelli. L’Avvocato gli aveva regalato nel 1912 la Fiat Zero in segno di apprezzamento e per provare a non lasciarsi sfuggire quel ragazzo dalle incredibili doti. A marzo 1920 Battista Farina va in America per provare a capire come viene praticata la nuova verniciatura alla nitrocellulosa, rifiutando subito l’offerta di Henry Ford che l’avrebbe voluto nella sua squadra.
Lo stabilimento Pininfarina di Grugliasco negli Anni ’60
Pinin voleva coniugare l’estetica delle forme col miglior valore di funzionalità. Quando nel 1930 comincia l’avventura personale di Pinin gli ordini cominciano ad aumentare, anche dall’estero, tutti erano affascinati da quelle belle carrozzerie aerodinamiche del torinese Pinin Farina. Dopo la guerra rilanciò ben presto il nome e il marchio proponendo al Salone di Parigi del 1947 una Cisitalia 202 di gran classe, divenuta poi la prima vettura ad entrare nella collezione permanente di architettura e design del MoMA di New York. L’internazionalità giunge nel 1951 quando firma un accordo con Nash Healey e con Peugeot per la produzione della nuova 203. Nello stesso anno avvia un proficuo sodalizio col DrakeEnzo Ferrari: una collaborazione che porterà alla nascita di vetture iconiche nella storia del Cavallino Rampante. Tanti auguri Pininfarina.
Sebbene la Maserati GranTurismo viene presentata nel lontano 2007 al Salone dell’Auto di Ginevra risulterebbe moderna ancora oggi. Non è un caso che la sua produzione è terminata soltanto a novembre dello scorso anno. La GranTurismo, disegnata da Pininfarina, rappresenta un vero pezzo di storia dell’automobilismo moderno divenuto ben presto un successo commerciale per il marchio del Tridente.
Nobile ispirazione
Lo sviluppo estetico della Maserati GranTurismo deriva da un lavoro minuzioso Made in Pininfarina. L’ispirazione era di certo nobile; nel 1947 i fratelli Maserati avevano affiancato all’attività delle corse l’avvio della produzione di vetture turismo di gran classe. La prima Maserati destinata alla produzione in serie fu la coupé A6 1500 di cui proprio Pininfarina ne aveva curato lo stile. Dopo qualche anno questa vettura venne sostituita dalla A6G 2000. Successivamente Pininfarina introdusse anche una berlinetta, la A6 GCS del 1953 dotata di un muso ovale che ospitava la grande griglia. Proprio come la GranTurismo.
Lo spot della Maserati GranTurismo del 2007
Proprio la Maserati GranTurismo esplode di eleganza che velocemente si tramuta in dinamismo e sportività. L’eredità è forte, si guarda proprio a quella A6 GCS, alla sua grande griglia frontale, ma anche alla concept Birdcage 75th. Da quest’ultima derivano le linee muscolose che si innestano in volumi ricercati dotati di una totale assenza di spigoli vivi. Ci sono grandi passaruota che accolgono le grandi ruote ma anche fiancate fluide come fossero modellate da un vento buono. È dinamica la GranTurismo, grazie ad un cofano motore lunghissimo e agli sbalzi ridotti ma la fiancata ospita anche le tre prese d’aria cromate dietro ai passaruota, un elemento in puro stile Maserati.
La fiancata risulta pulita, interessata dal logo Maserati sul montante posteriore e da superfici vetrate ridotte. Uno stile praticamente inconfondibile. Il frontale appare imponente ma ben profilato, caratterizzato com’è dall’ampia bocca ovale con al centro il Tridente posto sui listelli verticali concavi. I fari si sviluppano orizzontalmente integrandosi all’interno degli ampi parafanghi anteriori. Guardando di fronte la GranTurismo, difficilmente si riuscirà a scorgere il tetto, le fiancate e il posteriore della vettura. Il posteriore è caratterizzato dai fanali triangolari caratterizzati da 96 LED. Ci sono però anche un ampio diffusore adornato dalla doppia coppia dei terminali di scarico cromati.
La Quattroporte sotto
In Pininfarina sfruttano il medesimo telaio della Quattroporte (anche questa realizzata da Pininfarina) per dare vita alla nuova GranTurismo. Ovviamente cambiano il passo e lo sbalzo posteriore, in entrambi i casi ridotti. L’impianto costruttivo è costituito da lamiere scatolate realizzate in acciaio ad altissima resistenza che integra, al posteriore, una struttura tubolare utile a fornire il supporto necessario a sospensioni e differenziale. Stesso discorso all’anteriore col ruolo stavolta di sostenere anche il motore, oltre alle sospensioni.
Ne deriva una distribuzione pressoché paritetica, sebbene al posteriore insista una prevalenza di carico frutto del 51% della distribuzione su questa zona della GranTurismo. L’impostazione deriva dalla nuova collocazione del motore posto ora alle spalle dell’asse anteriore. Ne deriva un comportamento sincero della vettura che risulta persino semplice da guidare. A beneficiarne è anche la trazione quando si accelera e la tenuta di strada, il tutto rende il comportamento della GranTurismo particolarmente equilibrato.
Interni confortevoli
Gli interni della Maserati GranTurismo presentano soluzioni di stile in abbinamento con la sportività che comunque caratterizza la vettura del Tridente. Il grosso tunnel centrale suddivide idealmente l’abitacolo in due parti. La plancia si sviluppa orizzontalmente sebbene la parte alta possiede un caratteristico elemento a V, introducendo un tratto distintivo del marchio già visto anche sul lungo cofano motore. La seduta di guida bassissima chiarisce l’intento da sportiva vera. L’esclusività degli interni poteva essere definita dal cliente che aveva a disposizione un gran numero di personalizzazioni in termini di materiali, colori e trattamenti vari.
Tutte le principali funzioni utili alla guida sono facilmente gestibili mentre le funzionalità multimediali si possono governare dai tasti sul volante e poi visualizzare sullo schermo da 7 pollici che integra il Maserati Multi Media System, posizionato al centro della plancia ma in posizione rialzata. Immancabile il Tridente sui poggiatesta. Per le cambiate si possono utilizzare anche le palette poste dietro al volante. L’abitacolo non è quello di una 2+2 ma quello di una quattro posti vera, capace di accogliere comodamente quattro adulti. Frutto della lunghezza pari a 488 centimetri, complice la larghezza di 185 centimetri. Anche la GranTurismo non rinuncia al classico quadrante dell’orologio analogico posto in alto al centro delle due bocchette di aerazione.
I sedili, che garantiscono alti valori di comfort, sono ben profilati per trattenere il corpo durante la guida sportiva. Le due poltrone posteriori risultano facilmente accessibili grazie al sistema easy entry che sposta in avanti elettricamente i sedili anteriori fornendo un accesso più agevole ai posti posteriori. Anche chi sta dietro ha a disposizione un bracciolo abbattibile e le bocchette della climatizzazione. Ci sono poi, anche dietro, due porta bicchieri e le luci di lettura. Una chiara volontà di fornire la necessaria attenzione anche a chi la GranTurismo se la gode stando seduto dietro. L’artigianalità degli interni è infine confermata dall’utilizzo della pelle Poltrona Frau.
Cuore V8
A muovere la Maserati GranTurismo ci pensa un V8 con bancate a 90° da 4,2 litri. La realizzazione del propulsore era affidata alla Ferrari, sfruttando un basamento in alluminio e silicio e prevedeva quattro valvole per cilindro, due assi a camme in testa per bancata e 405 cavalli di potenza. Tale scelta permette di garantire un’elevata potenza specifica e un rapido passaggio dai bassi agli alti regimi, dati tipici dei propulsori da competizione. Tuttavia in Maserati avevano rivolto grande attenzione al capitolo consumi e alla silenziosità generale.
La coppia massima è di 460 Nm a 4.750 giri al minuto. Si tratta comunque di un’unità particolarmente leggera con un peso complessivo di 180 chilogrammi. È dotato inoltre della corsa corta con alesaggio 92 mm e corsa 79,8 mm. Viene lubrificato da un sistema provvisto di carter umido con l’olio raccolto nella coppa fatto circolare da una pompa a bagno d’olio. Ne deriva una migliore gestione della rumorosità e una riduzione considerevole del numero di pompe utili.
L’acceleratore viene azionato elettronicamente con sistema Drive By Wire. Già a piccoli angoli di pressione sull’acceleratore si ha una risposta immediata del propulsore V8. Il sistema di scarico è realizzato in acciaio inox con catalizzatori metallici, elemento proveniente direttamente dalle competizioni. Sebbene la Maserati GranTurismo rispetti tutte le normative anti inquinamento, non scende a compromessi quando si parla di prestazioni complice anche una trazione posteriore che rende la vettura decisamente affascinante alla guida. La sonorità è straordinaria mentre la velocità massima è fissata in 285 km/h.
Trasmissione automatica
Al momento del debutto la Maserati GranTurismo viene fornita di serie col cambio automatico a sei rapporti ZF 6HP26 con convertitore di coppia. C’è da dire che l’interessante trasmissione idraulica permette al V8 di esprimersi al meglio già ai bassi e medi regimi con cambi di marcia fulminei. Il cambio era dotato anche di un controllo auto adattivo che adeguava la tipologia di cambiata in base allo stile di guida. Si possono scegliere quattro diverse modalità di utilizzo: Auto Normal, Auto Sport, Bassa Aderenza-Auto Ice e Manuale. La GranTurismo scatta da 0 a 100 km/h in 5,2 secondi con l’80-120 km/h che richiedere appena 3,7 secondi.
Lo schema sospensivo prevede invece sospensioni a triangoli sovrapposti, sia davanti che dietro, con portamozzi e bracci realizzati in alluminio forgiato. Le sospensioni permettono di mitigare l’affondamento in frenata e il sollevamento dell’anteriore in accelerazione. Gli ammortizzatori sono invece realizzati in acciaio e permettono una taratura fissa con smorzamento predefinito. Dal punto di vista dell’impianto frenante ci sono quattro dischi autoventilati con pinze a quattro pistoncini.
Dal punto di vista della sicurezza, il Maserati Stability Programme introduce il controllo di stabilità, quello della trazione, l’ABS e il ripartitore di frenata. Il conducente può scegliere: selezionando il tasto sport il sistema risulta meno preponderante in modo da favorire una guida più dinamica e sportiva. Un dato che certifica il successo della Maserati GranTurismo di Pininfarina è quello relativo agli esemplari venduti: quasi 29mila.
Quando in Pininfarina arriva la richiesta della Ferrari l’imperativo è uno e uno soltanto: sviluppare una 2+2 attorno ad un V12 veloce, molto veloce, che sia elegante come poche vetture del tempo. Nacque da queste volontà non velate la Ferrari 365 GT4 2+2, la vettura venne fornita di una linea che fece da apripista ad un ciclo stilistico di alto spessore utile a realizzare qualche anno dopo le 400 e 412. Quando venne presentata al Salone dell’Automobile di Parigi, nel 1972, non fu così difficile innamorarsene. Era bellissima.
Il disegno era opera dell’ingegnere Leonardo Fioravanti, mentre il possente V12 Ferrari era stato progettato dall’ingegnere Gioacchino Colombo. Le linee da berlina sportiva, spigolosa ed elegante, si perdevano nella cattiveria di un V12 da 340 cavalli. Ma la Ferrari 365 GT4 2+2 possedeva anche elementi di gran classe, a cominciare dalle particolari maniglie per le portiere per finire in quei cerchi in lega a cinque razze con motivo a stella col Cavallino Rampante al centro.
Una Ferrari in abito da sera
Le direttive che avrebbero portato alla nascita della splendida 365 GT4 2+2 vengono fornite a Fioravanti dallo stesso Enzo Ferrari. Il Drake desiderava una Ferrari che utilizzasse un V12 posto davanti all’abitacolo, dotata di quattro posti e soprattutto di una linea in grado di rappresentare all’estremo l’unico concetto di eleganza. La splendida storia della 365 GT4 2+2 comincia quindi al Salone di Parigi anno 1972 per rimanere la medesima fino al 1976 (ma la 365 GT4 2+2 dovette affrontare ben 17 anni di evoluzione, fino al 1989, divenendo 400, 400i e 412) quando l’epopea si chiuse con 521 esemplari prodotti e 3 prototipi.
La 365 GT4 2+2 era una Ferrari pura ma vestita con l’abito da sera. I quattro occupanti di un elegantissimo abitacolo potevano sfrecciare a velocità elevatissime senza rinunciare ai bagagli da riporre nell’elegante vano bagagli rivestito in moquette. Il passo era pari a 2700 millimetri che fornivano ottimi valori di abitabilità, sebbene chi stava dietro non possedeva lo stesso spazio dei due occupanti posti davanti. Ma la Ferrari era confortevole da guidare grazie anche al servosterzo di serie, elemento che con le sospensioni posteriori autolivellanti completava la dote di tecniche mai viste prima su vetture del tempo, mentre alcuni tratti stilistici ne caratterizzavano le linee uniche di una vettura divenuta presto un’icona.
All’esterno gli pneumatici venivano installati su quattro cerchi in lega leggera con cinque razze e disegno a stella con gallettone centrale. Tuttavia si potevano avere, su richiesta, i cerchi a raggi Borrani sebbene risultino presenti su pochissimi esemplari dell’epoca a causa della non apprezzata adattabilità con le linee a spigoli vivi della 365 GT4 2+2.
Dettagli che fanno la differenza
All’interno l’eleganza dei dettagli esterni si riversava in un abitacolo ben rifinito e confortevole. Il pannello strumenti e la console centrale risultavano praticamente derivati da quelli già visti sulla 365 GTC/4. Le finiture prevedevano rivestimenti in pelle di serie con i due sedili posteriori che risultavano tutto sommato comodi grazie alla buona altezza del cielo e dello spazio utile alle gambe. L’abitacolo risultava quindi molto luminoso grazie alle ampie superfici vetrate.
Entrati a bordo della Ferrari 365 GT4 2+2 colpiva subito l’ampia consolle centrale sormontata da quattro indicatori circolari rivolti verso il guidatore. Più in alto si trovavano invece le quattro bocche, anche queste circolari, per i flussi dell’aria fresca o calda della ventilazione che comprendeva di serie il condizionatore. Un volante a tre razze completava un interno d’altri tempi con sedili ampi e ben profilati. Di serie c’erano anche l’impianto stereo, gli alzacristalli elettrici, gli inserti in legno sulla plancia e il volante in legno.
Fuori la 365 GT4 2+2 era caratterizzata dai gruppi ottici anteriori retrattili che scomparivano da spenti nelle rispettive sedi rettangolari. C’erano poi i già citati cerchi a cinque raggi mentre moltobelle erano le maniglie cromate a forma di ellisse, decisamente caratteristici i fanali posteriori caratterizzati da tre elementi circolari. Un dettaglio proveniente dalla 365 GTB/4 Daytona era l’intaglio semi circolare che percorreva la fiancata della vettura. Caratteristico della vettura era il gallettone a tre punte e i fanali posteriori.
Il corpo vettura realizzato in Pininfarina a Torino veniva poi spedito a Maranello per l’assemblaggio finale. Il disegno a tre volumi caratterizzato da spigoli e linee rette è un tratto distintivo della vettura che rendeva filante l’intero profilo della 365 GT4 2+2. Si costituiva così una Ferrari raffinata con un lungo cofano motore e quattro scarichi per i fumi provenienti dal suo poderoso V12.
L’anima nel motore
L’intera anima della Ferrari 365 GT4 2+2 risiedeva nei cinematismi che trovavano posto al di sotto del lungo cofano motore anteriore. D’altronde la cilindrata unitaria di 365,86 centimetri cubici forniva il nome all’elegante vettura che vedeva in quel V12, con due valvole per cilindro, la massima espressione motoristica di tutti i tempi, con buona pace dei tanti frazionamenti disponibili ora e allora. La doppia coppia di scarichi forniva un sound impressionante, come se il V12 si rendesse protagonista unico di un boato straordinario che diventa velocemente melodia.
Sulla Ferrari 365 GT4 2+2 si poteva coniugare la sportività di un propulsore unico con la quotidianità che sa offrire una vettura a quattro posti. Il V12 da 4,4 litri possedeva un doppio albero a camme in testa per ogni singola bancata di cilindri. La lubrificazione veniva realizzata con l’adozione di un carter umido abbinato a sei carburatori laterali a doppio corpo Weber 38 DCOE59/60 utili per alimentare il V12. Rispetto al V12 della 365 GTC/4 c’era una doppia bobina un distributore di accensione posto alle spalle dell’unità motrice. La potenza rimaneva la medesima, 340 cavalli con 420 Nm di coppia.
Anche la trasmissione rimane la medesima su entrambi i modelli sebbene sulla 365 GT4 2+2 veniva utilizzato un albero allungato complice la maggiore lunghezza del passo della granturismo. Cambiavano i rapporti finali e quelli delle marce singole, cinque in totale con trasmissione automatica. Uguali anche le sospensioni con sistema automatico di livellamento idraulico. Con questa impostazione la 365 GT4 2+2 ridefiniva l’intera esperienza di guida di casa Ferrari.
Pura emozione
Il suo telaio tubolare sospeso su elementi indipendenti all’anteriore e al posteriore in entrambi i casi con quadrilateri trasversali è pura emozione tra le curve. Sebbene i 1.500 chilogrammi, a vuoto, alla bilancia possono presentare il conto durante i cambi di direzione repentini. Ma è ben piantata a terra la 365 GT4 2+2 grazie anche ad una carreggiata posteriore da 1500 millimetri, più ampia dei 1470 millimetri all’anteriore dati utili, assieme al V12, a spingerla fino alla velocità massima di 245 chilometri orari.
La Ferrari 365 GT4 2+2 fu concepita per fornire una soluzione alla richiesta internazionale di vetture ad alte prestazioni, in grado di possedere un’abitabilità interna molto buona. Tuttavia la 365 GT4 2+2 non prese mai la via dell’America a causa di una legislazione che a quel tempo era molto stringente con costi per l’adeguamento ritenuti ben presto troppo elevati. Il bellissimo design delle linee tracciate da Pininfarina la rese una vettura disponibile per molti anni, utilizzata come base per i modelli citati più sopra.
La 365 GT4 2+2 è una coupé per stare comodi ma per correre, e per farlo forte. I suoi 340 cavalli scalpitano che è un piacere, liberi dall’essere domati da qualsivoglia diavoleria elettronica. Enzo Ferrari era innamorato della sua Ferrari 365 GT4 2+2, ancora oggi 48 anni dopo il suo debutto ne siamo innamorati anche noi.
Malgrado Sergio Pininfarina si lasciò sfuggire la nota frase “È la più bella berlina che abbiamo disegnato”, l’Alfa Romeo 164 quando venne presentata nel 1987 al Salone di Francoforte venne vista un po’ come una specie di eresia su quattro ruote. La storia dell’ultima alfa completamente disegnata da Pininfarina è di quelle belle ed emozionanti. L’Alfa Romeo 164, sebbene non fosse la prima Alfa atrazione anteriore, venne subito vista come un’eresia forse perché rappresentava un’ammiraglia e gli alfisti non ce la facevano a saperla con la trazione sulle ruote davanti. Ma le opinioni spesso cambiano, e a volte non è un male.
L’Alfa Romeo 164 viene presentata nel 1987 in sostituzione della poco apprezzata Alfa 6, dalla quale doveva raccogliere il testimone per provare a fare meglio. Il peccato più grande era forse sapere che la 164 nasceva da quel noto Progetto 4 che aveva fatto nascere la Lancia Thema, la Fiat Croma e la Saab 9000. Tutte nate tra l’84 e il 1985. La 164, arrivata più tardi rispetto alle sorelle, si discostava comunque da queste per vari motivi.
Il piano d’azione
In casa Alfa Romeo confidavano nell’esperienza e nelle indubbie capacità di Pininfarina. La nuova Alfa doveva incarnare il concetto di vettura top del marchio del Biscione. La vettura richiesta doveva essere una macchina moderna ma vicina al ricordo del blasone del marchio. L’ingegnere Enrico Fumia colse la palla al balzo e provò a rendere in maniera pratica le richieste promosse dall’Alfa Romeo. Nel 1982 compaiono le prime linee di quella che poi sarà l’Alfa Romeo 164, ma in piena era Fiat bisogna arrangiarsi e sfruttare l’accordo che prevedeva l’utilizzo esclusivo del pianale T4. Quindi si comincia a studiare la possibilità di introdurre assieme alla berlina anche le varianti wagon, cabrio e coupé. Tutte bocciate ad eccezione della 164 berlina.
I disegni di Enrico Fumia per l’Alfa Romeo 164
Mentre le altre tre vetture del programma, Thema, Croma e 9000, possedevano le medesime portiere l’Alfa Romeo 164 no. Enrico Fumia, che si trovava alle prese col suo primo progetto destinato alla grande serie, riuscì nell’intendo di dare vita ad una delle berline più originali della storia. Al debutto la 164 venne subito tacciata di essere una vettura snaturata dallo strapotere Fiat. Ma così non era visto che comunque la cooperazione era cominciata già quando ancora Alfa e Fiat erano due cose separate.
I motori anima dell’Alfa
La vera anima Alfa della 164 erano i suoi motori. Quasi sicuramente se la 164 fosse nata con la trazione posteriore magari avrebbe avuto un successo anche maggiore. Ma la berlina era estremamente interessante da guidare grazie ad una perfetta regolazione delle geometrie del sistema sospensivo. Nel corso della sua carriera l’Alfa Romeo 164 riuscì ad ottenere diverse motorizzazioni. Si cominciò col quattro cilindri 2.0 Twin Spark in grado di erogare 145 cavalli, fino al 3.0 V6 Busso (188 cavalli che diventano 211 a partire dal 1992) che non ha bisogno di presentazioni e i brillanti motori turbodiesel 2.5 (114 cavalli che diventano 135 a partire dal 1992) che permisero alla 164 di essere dichiarata la diesel più veloce del mondo. Col diesel di derivazione VM fu infatti la prima vettura a gasolio a superare i 200 km/h di velocità massima.
L’Alfa Romeo 164 Q4
Dell’unità Busso venne messa a disposizione anche una variante 2 litri turbo da 207 cavalli in modo da riuscire a mantenere lontana la tassazione dell’epoca sulle vetture più potenti. Tuttavia in precedenza la 164 si poteva anche avere con un 4 cilindri turbo 2.0 da 171 cavalli di potenza, già visto sulla Lancia Thema. A fine 1993 arriva la variante a trazione integrale Q4 spinta dal V6 3.0 da 231 cavalli e dotata di un cambio a sei rapporti. Quest’ultima variante è quella che possiede il più alto valore storico in questo momento, vista la sua rarità visto che a quel tempo la vettura pagava il superbollo riservato alle fuoristrada.
Una linea piacevole
L’Alfa Romeo 164 si presenta molto omogenea nelle linee esterne, caratterizzate da una profonda nervatura che viene integrata lungo tutta la fiancata dall’interessante profilo a cuneo. Un chiaro omaggio alle Giulietta che l’avevano preceduta. La linea in generale si presenta classica ma allo stesso tempo moderna, dominata da spigoli vivi e dal bellissimo trilobo frontale in declinazione moderna. La carrozzeria si presenta divisa in due sezioni: la parte superiore e quella inferiore. La divisione viene rimarcata con l’adozione di pannelli in plastica nella parte sottostante, un elemento che certifica la cura aerodinamica del sottoscocca.
Lo spot televisivo dell’Alfa Romeo 164
La scalfitura a cui si accennava, partiva dai fari anteriori dalla nota forma trapezoidale d’altronde lo stesso Enrico Fumia fu uno dei più interessanti designer di Pininfarina. Uno in grado di integrare la fanaleria nel disegno integrale della vettura. I fari della 164 assecondano l’inclinazione dello scudetto Alfa Romeo. È come se tutta la vettura fosse stata costruita partendo proprio dallo scudetto Alfa. I fendinebbia vengono inglobati molto in basso nel fascione anteriore. Al posteriore invece i fanali vengono inglobati in un elemento orizzontale a tutta larghezza derivante dalla nervatura che percorre la fiancata, decisamente in voga ai nostri giorni, ma non molto comunque all’epoca.
Un elemento di stile diventato poi un vero stilema per molti modelli successivi del marchio: 145, 146, 155 e le note Spider e GTV. La vettura risulta filante e piacevole, lunga 456 centimetri, larga 176 e in grado di realizzare un Cx ottimo: pari a 0,30. Dimensioni molto particolari per un’ammiraglia, centimetri in più in larghezza e in meno in lunghezza.
Interni quasi futuristici
Gli interni dell’Alfa Romeo 164 hanno veramente qualcosa di futuristico. Presentano linee particolarmente pulite alternate a tagli netti, sebbene la plastica nera forse ne appesantiva l’idea originaria. La strumentazione è inglobata all’interno di una sede generata dalla modanatura della consolle centrale che sale partendo dalla posizione centrale rispetto ai sedili anteriori per girare attorno agli strumenti. Il quadro strumenti è quindi suddiviso in due piani con un’impostazione sportiveggiante vicina ai concetti cari ad Alfa.
I sedili sono ampi, comodi ma ben profilati per garantire ottima tenuta anche in curva. Il cruscotto era disegnato sfruttando linee semplici, il mobiletto centrale aveva invece un aspetto quasi futuristico. C’erano moltissimi pulsanti a tastiera, posti uno di fianco all’altro con i quali si comandavano il climatizzatore ed altri elementi. Inoltre erano presenti alcuni display digitali e anche degli sportellini che permettevano di nasconderli alla vista quando non erano utili, capaci quindi di donare alla plancia un aspetto pulito e lineare.
La qualità dei rivestimenti, in velluto o pelle, era molto buona con moquette e tessuti parecchio resistenti all’usura. Inoltre la 164 era davvero molto silenziosa; all’interno si sentivano davvero pochissimi rumori provenienti dall’esterno. L’insonorizzazione come quella della 164 era poco diffusa all’epoca.
Prove di stabilità
La bella Alfa Romeo 164 a trazione anteriore aveva necessitato di alcune proverbiali modifiche all’apparato sospensivo, in nome di una maggiore agilità della berlina. Con la volontà di avvicinare quanto più possibile una trazione anteriore ad una vettura che trasferisce la sua potenza a terra servendosi dell’asse posteriore. Ne risultava un avantreno molto preciso, piantato a terra, degno di una eccezionale antenata di quella che poi venne definita da molti la migliore trazione anteriore di sempre: la futura 156.
Enzo Ferrari posa accanto alla sua Alfa Romeo 164, l’ultima vettura personale del Drake
Con un avantreno dotato di caratteristiche simili, veniva fuori un retrotreno che chiudeva quando l’acceleratore subiva una pressione inferiore. Quando il peso della berlina si trasferiva davanti la 164 scodava. Non si tratta di un difetto vero e proprio visto che anche oggi troviamo soluzioni simili mitigate dal noto ESP che la 164 ovviamente sconosceva.
Nel 1992 il più importante aggiornamento
L’Alfa romeo 164 riceve il suo aggiornamento più importante nel 1992, dopo cinque anni dal debutto. Aumenta la lunghezza fino a 467 centimetri (11 centimetri in più rispetto alla versione precedente) frutto più che altro dell’allungamento dei paraurti. Ma debutta l’elegantissima versione Super. Ora lo scudetto assume auna rilevanza maggiore e tutto il perimetro della vettura è interessato da una piacevole striscia cromata posta all’altezza dei paraurti.
L’Alfa Romeo 164 Super
Scompaiono anche le plastiche in basso. Vengono introdotti cerchi più grandi, da 16 pollici, e nuovi fari anteriori più piccoli e caratterizzati da un proiettore circolare. Sono nuovi anche i retrovisori elettrici, i rivestimenti in pelle e gli schermi del climatizzatore automatico ora più grandi. La strumentazione viene rivista, col contagiri e il tachimetro in posizione invertita, i pulsanti della consolle centrale sono rinnovati. C’è anche un nuovo contachilometri digitale, una consolle leggermente rivista e nuovi pannelli porta.
L’Alfa Romeo 164 Pro Car
Ma l’Alfa Romeo 164 è stata una berlina internazionale. L’ultima Alfa Romeo commercializzata negli Stati Uniti, prima del 2014 quando Alfa ritorna negli USA con la 4C. In Asia sfrutta invece la denominazione Alfa Romeo 168, il motivo? Legato a questioni scaramantiche visto che il 4 in Cina simboleggia la morte, l’8 la salute e la prosperità. Indimenticabile la 164 Pro Car, esemplare unico utile alla partecipazione nel campionato mondiale FIA Production Car che non vide mai la luce. L’idea era quella di portare in pista vetture con la scocca di quelle di serie dotate di telai ultra leggeri e motori da Formula 1. La 164 Pro Car utilizzava un V10 da 3,5 litri accreditato di 620 cavalli che doveva equipaggiare la Ligier di Formula 1.
L’ultima di Pininfarina
Quella che da Sergio Pininfarina venne definita “la più bella berlina che abbiamo disegnato” è l’ultima Alfa Romeo interamente progettata dal carrozziere torinese. Pininfarina ci aveva preso, l’Alfa Romeo 164 aveva dimostrato che si poteva operare nel compromesso al di fuori del compromesso. Di certo la scelta di alcuni dettagli non proprio da ammiraglia, come alcune plastiche interne, non possono essere dettati dal genio di Pininfarina.
L’Alfa Romeo 164 possedeva una qualità estetica degna di nota. Una berlina nata in nome dell’eresia ma premiata dai risultati. Viene prodotta fino al giugno del 1997, dieci anni di onorato servizio che la terranno in listino ancora fino al 1998. Proprio nel 1998 arriverà la sostituta, si chiama 166 e non viene più prodotta ad Arese come la 164 ma nello stabilimento di Rivalta. La 164 rimarrà per sempre l’ultima ammiraglia del Biscione ad essere realizzata ad Arese. In dieci anni furono 268.757 gli esemplari usciti dalle linee di montaggio, dopo tredici anni dall’uscita di produzione non si intravedono all’orizzonte eredi dell’ultima Alfa di Pininfarina.
Quella della Lancia Beta Montecarlo è una storia strana. Quella di una vettura nata Fiat e divenuta Lancia. Il progetto Beta prefigurava un set di vetture progettate subito dopo che Lancia venne acquisita dalla Fiat, siamo nel 1959. Con la denominazione Beta si indicava infatti un’intera gamma di vetture composte dalla Berlina, Berlina Trevi, Coupé, HPE, Spider, Scorpion e la Montecarlo. Quindi l’appellativo Beta, per Lancia, è una denominazione importantissima.
La Lancia Beta Montecarlo, presentata nel 1975, nasceva da una proposta stilistica firmata da Pininfarina. Si capisce subito che con le altre sorelle della gamma ne condivide soltanto il nome e il motore. Come si diceva, la sua storia entra a gamba tesa nelle vicende Fiat e Ferrari del tempo.
La genesi complessa
Se la Lancia Beta Montecarlo condivide con le sorelle soltanto la motorizzazione, un motivo c’è. La particolare vettura a marchio Lancia nasceva infatti da un a nuova collaborazione fissata tra la Pininfarina e la Fiat del tempo. L’idea era quella di realizzare unavettura sportiva utile a ricavare con una certa facilità nuove vetture da gara, grazie anche all’appoggio di Abarth. Nel 1970, quando vennero presentati i primi prototipi, la denominazione era semplicemente Fiat X1/8. Quando nel 1974 si giunse al prototipo definitivo la sigla mutò in X1/20.
Lo stesso anno al Giro Automobilistico d’Italia si presentarono due Abarth SE030, cioè due X1/20 dotate di un motore V6 da 285 cavalli derivato da quello disponibile sulla Fiat 130. Il progetto venne però congelato, quindi ripreso nel 1975 quando al Salone di Ginevra la vettura definitiva (X1/20) debuttava col nome di Lancia Beta Montecarlo. Era la prima vettura costruita completamente da Pininfarina.
Il Prototipo X1/20
Sul cambio di denominazione e marchio esiste persino una leggenda che coinvolge gli attori principali del progetto. Si narra che nel febbraio del 1975, era sera, Gianni Agnelli, Renzo Carli (direttore del Centro Stile Pininfarina) e Sergio Pininfarina si trovarono di fronte il prototipo X1/20 all’interno degli stabilimenti Fiat ormai chiusi. Si doveva decidere se approvare la vettura o meno. All’appello mancava però Paolo Martin, il designer che aveva dato vita al progetto. Agnelli va a prendere una calandra Lancia, ne modifica la forma e la applica al prototipo. Si, la X1/20 di Fiat può diventare benissimo una Lancia. D’altronde in Fiat c’è già la X1/9. Aggiudicato.
Schema da competizione
La Lancia Beta Montecarlo presentata a Ginevra nel 1975 era profondamente differente dalle sorelle della sua stessa gamma. La vettura è una coupé sportiva dotata di motore disposto in posizione centrale, alle spalle dei sedili. La trazione era invece sulle ruote posteriori e lo schema sospensivo, dotato di ruote indipendenti, era del tipo MacPherson davanti e a bracci triangolari oscillanti al posteriore.
L’idea all’origine era quella di mantenere la motorizzazione V6 da 3,0 litri già vista sulle X1/20 del Giro Automobilistico d’Italia, visto anche che la conformazione rigida del telaio lo permetteva. Ma durante la prima metà degli Anni ’70 il mondo dell’auto dovette fare i conti con la crisi petrolifera, quindi l’idea venne ben presto accantonata. Le sue prestazioni che avrebbero dovuto essere eccezionali si dimostrarono quasi non all’altezza del progetto. Lo scarso merito era dovuto all’installazione di un motore 2 litri progettato da Lampredi. Si trattava di un 4 cilindri bialbero, lo stesso utilizzato sulle altre Beta della gamma. I suoi 120 cavalli erano decisamente pochi, sebbene per alcuni il propulsore non venne mai esasperato per non andare a competere con le vendite di quelle Ferrari dotate di motori poco prestazionali. Parliamo delle 208 GT4 e 208 GTB. Il cambio era un manuale a cinque rapporti, la velocità massima era di 190 km/h. Di certo non un dato da supercar.
Il telaio risultava comunque molto ben bilanciato e in grado di fornire alla Beta Montecarlo una maneggevolezza di gran livello. Apprezzabile il bassissimo peso a vuoto di soli 970 chilogrammi.
Linea particolare
La Lancia Beta Montecarlo era decisamente fuori dagli schemi in tema di design esterno. Decisamente distintivi sono gli elementi triangolari, a pinna, posti alle spalle del montante centrale. Questi rappresentavano le spalle poste ai lati di un cofano motore di grandi dimensioni apribile lateralmente. Tale conformazione laterale venne studiata in galleria del vento e rese la Beta Montecarlo più stabile grazie ad una sensibilità migliorata nei confronti del vento laterale. Un design decisamente all’avanguardia per l’epoca. Tanto che una giuria di esperti gli conferì nel 1976 lo Style Awards per la sua linea giudicata la più bella tra le vetture prodotte in quel momento.
La Lancia Beta Montecarlo era bassa e filante, dotata di una sezione frontale ridotta e caratterizzata dalla fascia in materiale plastico scuro che contorna il muso. Il paraurti, anche questo in plastica nera, ospita le prese per la ventilazione dinamica e i fari secondari. I fari principali erano invece di grandi dimensioni e di forma rettangolare.
Lo spazio all’interno non mancava, nonostante la Beta Montecarlo disponeva di soli due posti secchi. Il bagagliaio, posto davanti, presentava una capacità di ben 300 litri grazie anche al fatto di aver riposto la ruota di scorta nel vano motore. I fanali posteriori erano invece caratterizzata dalla griglia a listelli orizzontali lungo tutta la larghezza, dove in posizione centrale veniva alloggiata la targa. La fiancata è caratterizzata dalla fascia nera che la percorre per tutta la lunghezza e dal logo Pininfarina posto proprio all’interno di questa con la scritta Pininfarina disposta invece alla base del montante anteriore. Molto belli gli sfoghi dell’abitacolo posti verticalmente dietro al taglio del piccolo finestrino posteriore.
Interni ben fatti
L’interno della Lancia Beta Montecarlo era sicuramente molto ben fatto. C’era una strumentazione incassata all’interno di un elemento rettangolare posto alle spalle del volante a due razze forate. Nel complesso la plancia si presentava particolarmente semplificata nell’impostazione sebbene fosse rivestita con imbottiture protettive previste anche sulle portiere e sul mobiletto centrale.
L’abitabilità era ottima, frutto della notevole larghezza della vettura e del fatto di aver escluso due possibili sedili di fortuna al posteriore. I sedili erano molto comodi, anche se il motore posteriore scaldava parecchio irradiando aria calda nell’abitacolo. Si poteva avere però il climatizzatore, su richiesta.
Gloriosa in pista e su strada
La denominazione Montecarlo rappresentava un forte omaggio alla tradizione vincente della Lancia nei rally che con la Stratos aveva fatto vedere di che pasta era fatto il marchio italiano. Ma l’intento numero uno della Lancia Beta Montecarlo era quello di fornire una vettura facilmente elaborabile per vincere in pista o su strada. Nacque ben presto la straordinaria Lancia Beta Montecarlo Turbo conforme al regolamento del Gruppo 5. La vettura vinse due volte consecutivamente il Campionato Mondiale Sport Prototipi, nel 1980 e nel 1981, trionfando nel Mondiale Marche.
La Beta Montecarlo Turbo era in grado di lasciarsi alle spalle mostri sacri come la Porsche 935 o la Ford Capri Zakspeed. Tra i piloti più interessanti saliti a bordo della Beta Montecarlo Turbo c’erano Riccardo Patrese, Michele Alboreto, Eddie Cheever e Walter Rohrl. La vettura da gara era stata alleggerita di ben 200 chilogrammi, possedeva un’aerodinamica eccezionale e un motore sovralimentato capace di 370 cavalli.
La Lancia Beta Montecarlo Turbo
Ma la Lancia Beta Montecarlo diede i natali anche alla straordinaria Lancia 037. La vettura di Gruppo B fu l’ultima trazione posteriore a vincere un Mondiale Rally, nel 1983.
Il restyling e il cambio di nome
Col restyling del 1979 la Lancia Beta Montecarlo diventa semplicemente Lancia Montecarlo. Vengono introdotti cerchi più grandi, da 14 pollici, utili per permettere la corretta installazione di nuovi dischi freno più grandi. Venne aumentata la coppia del motore che permette un aumento di potenza di un solo cavallo. Le pinne laterali vengono rimpiazzate da strutture vetrate in modo da aumentare la visibilità, pur mantenendo la forma in modo da non pregiudicare l’aerodinamica.
La Lancia Beta Montecarlo Restyling
C’era anche una nuova calandra con nuovi indicatori di direzione arancioni come disposto dal Codice della Strada a partire dal ’76. Vengono parzialmente chiuse alcune prese di ventilazione sul cofano motore per evitare infiltrazioni di acqua che si depositavano sulla testata. L’interno presentava un nuovo volante a tre razze con una grafica per la strumentazione.
Tra il 1975 e il 1982 vengono prodotte poco meno di 8mila Lancia Beta Montecarlo. Un dato che rende la bella Lancia Beta Montecarlo una vettura molto rara ai nostri giorni.
È una coupé elegantissima quella presentata a marzo 1971. La vettura è una Fiat 130 Coupé a cinque posti disegnata da Pininfarina per mano di Paolo Martin e prodotta nello stabilimento Fiat di Rivalta. La nuova vettura portava metà del nome di una gloriosa berlina ma risulta una variante totalmente differente a cominciare da una nuova motorizzazione da 3200 cc capace di ben 165 cavalli di potenza. Si poteva avere con la trasmissione automatica o con quella manuale.
Se la Fiat 130 berlina sembrava parecchio simile alla Fiat 125 berlina, sebbene fosse più lunga e più larga, le nuove proporzioni introdotte sulla Fiat 130 Coupé vengono subito esaltate da linee perfette e pulite. La linea di cintura viene accentuata da una scolpitura che prosegue lungo tutta la lunghezza della fiancata, fino a raggiungere il cofano che risultava leggermente inclinato. La vettura risultava piacevolmente spigolosa, andamenti a spigoli vivi che venivano ripresi anche sui nuovi fari anteriori e sui fanali posteriori. Lo sguardo in questo modo imprimeva una certa imponenza quando si incontrava una Fiat 130 Coupé su strada.
Rispetto a quanto era successo con la berlina, la 130 Coupé presentava una linea moderna che ben presto cominciò ad essere destinataria di apprezzamenti di ogni genere. La carrozzeria era sicuramente molto più moderna rispetto alle dirette competitor dell’epoca a marchio BMW o Mercedes.
Un motore che stupiva
Nei primi Anni ’70 possedere una vettura dotata di un motore con cilindrata compresa tra 1300 e 1600 era sicuramente un privilegio. Di vetture potenti all’epoca se ne vedevano, e vendevano, davvero poche. Con l’arrivo della Fiat 130 Coupé si assisteva ad una vera e propria svolta. Sotto al lungo cofano anteriore trovava posto uno splendido V6 da 3,2 litri che erogava 165 cavalli a 5600 giri al minuto e 250 Nm di coppia complessiva. Il motore a V con bancate da 60° venne progettato dall’ingegnere Aurelio Lampredi che proveniva dalla Ferrari.
Si trattava di un’unità raffinata disposta in posizione longitudinale realizzata in monoblocco di alluminio con testa e valvole parallele. La distribuzione era garantita grazie al comando a cinghia dentata e tenditore semiautomatico. Il raffreddamento era a liquido e l’alimentazione realizzata per mezzo di un carburatore a doppio corpo Weber 45 DFC 6.
Come già anticipato, la Fiat 130 Coupé si poteva avere con cambio automatico, a tre rapporti, Borg-Warner. In opzione (a 80.000 lire) c’era la trasmissione manuale ZF a cinque rapporti. La velocità massima era di 190 km/h con cambio automatico, che salivano a 195 km/h con cambio manuale. La genesi del V6 fu molto particolare. Lampredi in quel periodo dovette infatti progettare sia il V6 da 3,2 litri per la Fiat 130 Coupé, sia un V6 per la Dino da 2,4 litri. Fu inevitabile quindi che alcune soluzioni più sportiveggianti finirono per essere comuni alle due motorizzazioni. Il motore risultava molto pronto agli alti regimi e un po’ vibrante ai bassi sebbene più elastico rispetto ad esempio al 2,8 della variante berlina, tuttavia era molto adatto per la stazza della 130 Coupé e indirizzava la trazione sull’asse posteriore.
La bella linea
Quando in casa Fiat decidono di realizzare la 130 Coupé hanno in mente di realizzare una vettura diversa dalle altre. Decidono così di affidare l’incarico progettuale a Pininfarina, l’idea era semplice: realizzare, sfruttando il telaio della 130, una interessante coupé senza badare ai costi. È grazie a questi semplici imperativi che Paolo Martin si mette all’opera, sfruttando anche le più moderne possibilità in fatto di piegatura dei lamierati lasciandosi alle spalle regole e stili del design del tempo.
Sotto, lo storico spot della Fiat 130 Coupé
Quando nasce la Fiat 130 Coupé è una vettura dallo stile estremamente moderno dove linee tese e spigolose vengono raccordate con poche curvature. Il frontale possiede uno sguardo iconico con grandi proiettori rettangolari dalle forme allungate, bassi e molto larghi posti alla base di un lungo e largo cofano motore caratterizzato da due semplici nervature che scompaiono man mano che si avvicinano al parabrezza. La 130 Coupé è anche la prima Fiat, assieme alla 128 Rally, a introdurre i bracci dei tergicristalli nell’elegante colorazione nera, in luogo delle varianti cromate. Ci sono poi eleganti paraurti cromati dotati di estremità in gomma nera, lì dove era più facile rovinarli.
Il profilo risultava estremamente elegante. Il cofano motore comincia con un profilo arrotondato utile ad ospitare gli elementi de grosso propulsore. La 130 Coupé è lunga 484 centimetri, larga 176 e alta 138 per un peso complessivo di 1555 chilogrammi. Il parabrezza risulta molto inclinato così come il lunotto. Anche le fiancate risultano semplici e caratterizzate dalla grande portiera, da una lunga nervatura alla base dei finestrini e dalle belle maniglie cromate per le portiere. I fanali posteriori “si piegano” anche sulla fiancata, c’è poi il logo Pininfarina tra la portiera e il passaruota posteriore. Sul lato destro c’è il tappo del serbatoio circolare.
Anche il posteriore è caratterizzato da linee tese e spigoli vivi col cofano dall’andamento praticamente orizzontale. Tuttavia tutti i possibili angoli presenti sulla 130 Coupé appaiono smussati, in modo da ridurre il possibile senso di pesantezza della linea.
Interni di gran classe
Era evidente la volontà di rendere la Fiat 130 Coupé una vettura fortemente prestigiosa, anche grazie ad una efficace realizzazione degli interni. All’interno si nota una grande eleganza nelle finiture in velluto che si poteva avere anche in Rosso Aragosta o in Blu di Spagna. C’era la possibilità di avere anche interni in pelle mentre le sedute erano larghe e comode anche per cinque occupanti.
Di grande fascino gli inserti in legno sul cruscotto, sul tunnel centrale e sulle portiere al di sotto dei finestrini. La strumentazione risultava particolarmente completa e c’era un bellissimo volante a due razze forate completamente regolabile. L’aspirazione al lusso prevedeva la presenza dei vetri elettrici anteriori, un fatto piuttosto raro all’epoca, e del climatizzatore di serie. Tuttavia i vetri, in caso di emergenza, potevano essere aperti grazie all’introduzione di un alberino all’interno di un foro posto sotto un tappetino rimovibile sui pannelli della portiera. Ciò consentiva l’eventuale apertura manuale dei cristalli anteriori. I vetri posteriori si potevano abbassare id qualche centimetro utilizzando le apposite levette poste sopra le tasche porta oggetti.
Per accedere al divano posteriore gli schienali anteriori si possono abbattere grazie ad una grande leva cromata posta alla base dei sedili. Visto che l’abitacolo presentava notevoli dimensioni in larghezza era praticamente impossibile per il guidatore aprire la portiera del passeggero. Quindi la 130 Coupé possedeva una levetta posta sul lato destro sotto il volante, utile ad aprire proprio la portiera.
I motivi del poco successo
La produzione della Fiat 130 Coupé andò avanti fino al 1977 totalizzando poco meno di 4.500 esemplari prodotti. Uno dei punti di forza della 130 Coupé era da ricercare sicuramente nel prezzo. Se all’epoca una Mercedes 280S o 350SE costavano circa 8 milioni e mezzo di lire, la 130 Coupé si portava a casa con 7 milioni di lire e con una dotazione di serie di tutto rispetto. C’era persino l’autoradio con mangianastri dotato anche di una speciale antenna elettrica. Un lusso per l’epoca.
Tuttavia ci furono delle motivazioni che non andarono proprio a suo favore. La 130 Coupé consumava fin troppo: a 60 km/h percorreva circa 9 chilometri con un litro di benzina, chilometri che diventavano circa 3 a 160 km/h di velocità. Tuttavia in Fiat provarono a sperimentare alcune soluzioni nel tentativo di ridurre questo problema, senza comunque giungere ad un risultato soddisfacente. I consumi erano, a volte, persino superiori a quelli di alcuni motori V8 americani. In città non era raro percorrere meno di 3 chilometri con un litro a bordo della Fiat 130 Coupé. Quindi quando nel 1973 si presentò al mondo una grave crisi petrolifera, col prezzo della benzina triplicato rispetto al normale, la Fiat 130 Coupé subisce una vera e propria morte commerciale. Rimanevano gli apprezzamenti per le sue linee straordinarie ma l’assetato V6 da 3,2 litri, in accordo con la crisi del petrolio, non rese consistenti i numeri di vendita. La Coupé divenne da un giorno all’altro meno interessante e profondamente anti economica.
Un altro problema, decisamente più discutibile, era legato all’immagine generale del marchio Fiat. In quel tempo c’era l’idea che il costruttore torinese fosse specializzato soltanto nella produzione di utilitarie e quindi incapace di ragionare su berline di gran lusso. Le origini del nome furono quindi un problema per la bella 130 Coupé che invece era una vettura eccezionale. La frenata era decisamente potente, grazie all’adozione di specifici dischi autoventilati poco diffusi all’epoca. Lo sterzo sebbene risultasse leggero era molto preciso, tutti elementi che fornivano alla 130 Coupé ottime doti dinamiche.
Base solida
La Fiat 130 Coupé non può comunque essere sottovalutata. Le sue proporzioni e l’eleganza delle forme hanno rappresentato una vera e propria rinascita per Pininfarina. Non è un caso che proprio la 130 Coupé venne utilizzata come base per la realizzazione di altre vetture iconiche, sempre firmate da Pininfarina: Ferrari 365 GT4 2+2, Rolls Royce Camargue, Lancia Beta Montecarlo. Elementi del design della 130 Coupé sono ben evidenti. Il suo design influenzò modelli di costruttori europei e americani per oltre un decennio.
La Fiat 130 Maremma
Pininfarina utilizzò la Fiat 130 Coupé per dare vita a due ulteriori proposte di stile che non furono mai realizzate. Si trattava di una variante a quattro porte della Coupé, denominata Opera, e di una versione wagon denominata Maremma. La Opera non possedeva di certo la forza delle forme della 130 Coupé, tuttavia la Maremma rappresenta invece ancora oggi una proposta di stile tra le più interessanti della storia di Pininfarina.
La Fiat 130 Opera
La Fiat 130 Coupé divenne ben presto una vettura iconica, facilmente accostabile alla ricca borghesia e agli industriali dell’epoca. Un sogno di tantissimi italiani, una vettura maestosa ed elegante. L’esiguo numero di 130 Coupé prodotte ne certifica le normali difficoltà per trovarne una, e se si trova i prezzi sono molte volte parecchio elevati. Una rivincita per una Coupé straordinaria figlia di un periodo storico non particolarmente clemente con Lei. Non è un caso se da molti la Fiat 130 Coupé è stata definita uno dei migliori prodotti di Pininfarina.
Tutto come previsto. Per celebrare al meglio i suoi 110 anni di storia, Alfa Romeo ha svelato in via ufficialmente le nuove Alfa Romeo Giulia GTA e Alfa Romeo Giulia GTAm, il cui debutto doveva avvenire in occasione del Salone dell’auto di Ginevra 2020, cancellato pochi giorni fa a causa dell’epidemia di Coronavirus.
Dopo un paio di teaser rilasciati nei giorni scorsi, Alfa Romeo ha svelato online, in queste ore, la nuova evoluzione sportiva della Giulia Quadrifoglio che, come previsto dai rumors degli ultimi giorni, arriva in due versioni, la “normale” Giulia GTA e l’estrema Giulia GTAm, ovvero “Gran Turismo Alleggerita modificata”.
Il “ritorno leggendario” della sigla GTA arriva a 55 anni dalla presentazione della prima Gran Turismo Alleggerita, la Giulia Sprint GTA del 1965, presentata, nella sua variante di serie, in occasione del Salone di Amsterdam.
Le nuove Giulia GTA possono contare, rispetto alla Quadrifoglio, su di un taglio della massa complessiva di 100 chilogrammi, raggiungendo i 1520 chilogrammi complessivi. La riduzione della massa è stata ottenuta grazie all’ampio utilizzo della fibra di carbonio presente sull’albero di trasmissione, sul cofano, sul tetto, sul paraurti anteriore e sui cerchi (da 20 pollici e dotati di un unico dado centrale). Da notare anche le carreggiate allargate di 5 cm e le nuove tarature per molle e ammortizzatori. La versione GTAm include anche i finestrini in Lexan.
Da segnalare il nuovo scarico centrale di titanio firmato Akrapovič ed il kit aerodinamico con appendici attive realizzato dalla Sauber Engineering. La nuova Alfa Romeo Giulia GTAm, a differenze della Giulia GTA, adotta un’impostazione a due posti ed elimina il divano posteriore, sostituendolo con una rollbar, che va ad incrementare la rigidità della vettura, a tutto vantaggio delle prestazioni. Da notare anche il vistoso spoiler posteriore ed un paraurti più pronunciato. La GTAm è comunque omologata per l’utilizzo in strada.
Alfa Romeo non ha ancora diffuso alcun dettaglio in merito ai prezzi delle nuove Giulia GTA e GTAm, che di certo saranno più costose della Giulia Quadrifoglio. La casa italiana ha specificato però che le nuove serie speciali della sua berlina saranno ordinabili da subito. I clienti che sceglieranno una delle due versioni della Giulia “alleggerita” riceveranno un welcome kit comprendente un telo copriauto personalizzato, un casco Bell con livrea GTA, tuta da gara, guanti e scarpe Alpinestars e potranno contare anche su di un corso di guida specifico.
Da notare, inoltre, che la Giulia GTA e la Giulia GTAm saranno disponibili in serie limitata. Al momento, infatti, Alfa Romeo prevede di realizzare esclusivamente 500 esemplari delle nuove serie speciali. Per ora, inoltre, la nuova Giulia “alleggerita” sembra essere un’esclusiva per il mercato europeo anche se maggiori dettagli su di una versione internazionale potrebbero arrivare nelle prossime ore.
V6 potenziato ma non troppo
Sotto al cofano delle nuove Alfa Romeo Giulia GTA e GTAm c’è ancora il 2.9 V6 biturbo della Giulia Quadrifoglio. Il propulsore viene proposto dalle nuove versioni della berlina in una veste potenziata ma in misura nettamente inferiore rispetto ai rumors delle ultime settimane. Le nuove Giulia GTA e GTAm, infatti, possono contare sul V6 della Quadrifoglio che viene però portato sino a 540 CV di potenza massima.
Ricordiamo che nelle scorse settimane diverse fonti concordavano, erroneamente, sul fatto che le nuove versioni della berlina di casa Alfa Romeo avrebbero potuto contare su ben 620 CV di potenza. Stando ai dati diffusi da Alfa Romeo, il rapporto peso/potenza delle nuove versioni della Giulia è 2,82 kg/CV.
Con l’ausilio del Launch Control, la nuova Giulia GTA può contare su di un’accelerazione 0-100 km/h completata in 3.6 secondi, con un miglioramento di 0.3 secondi rispetto al tempo della Quadrifoglio. Per ora, non è stata comunicata la velocità massima delle nuove GTA che, di certo, sarà superiore ai 307 km/h della Giulia Quadrifoglio.
Per ora, la presentazione ufficiale delle nuove Giulia GTA e GTAm non ha svelato tutti i dettagli delle due berline. Nel corso delle prossime ore, molto probabilmente, Alfa Romeo rilascerà ulteriori informazioni su queste nuove versioni speciali della sua berlina sportiva. Continuate a seguirci per saperne di più.
Dopo aver registrato il debutto ufficiale delle nuove Giulia GTA e GTAm, è tempo di tornare alla realtà del marchio Alfa Romeo ed ai dati di vendita relativi al mese di febbraio appena concluso. Nel corso del secondo mese dell’anno, Alfa Romeo ha registrato un totale di appena 1.903 unità vendute in Italia con un calo del -19,6% rispetto ai risultati ottenuti nel corso del mese di febbraio dello scorso anno.
Il risultato di Alfa Romeo è nettamente peggiore rispetto al risultato dell’intero mercato auto italiano che ha chiuso il mese di febbraio con 162 mila unità vendute ed un calo del -8.8% rispetto ai dati del febbraio dello scorso anno. Sulle vendite registrate a febbraio potrebbe avere avuto un impatto significato l’epidemia di Coronavirus registrata a partire dal 20 febbraio. L’effettivo impatto del Coronavirus sulle vendite di auto sarà più chiaro nel corso dei prossimi mesi.
Torniamo ad Alfa Romeo. Il marchio italiano ha chiuso i primi due mesi dell’anno con un totale di 3.702 unità vendute in Italia facendo registrare un calo netto rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, quando il totale di consegne sfiorò quota 5 mila unità. Il calo percentuale nel confronto tra il 2020 ed il 2019 è pari al -23.5%.
Ricordiamo che dopo i primi due mesi del 2018 le vendite del marchio italiano superarono quota 9 mila unità. Nel confronto tra il 2018 ed il 2020, Alfa Romeo fa registrare più di 5 mila unità vendute in meno sul mercato italiano, un dato che chiarisce in misura evidente la crisi del marchio dovuta, in particolare, alla riduzione della gamma (la MiTo è uscita di produzione a metà 2018 e la Giulietta è prossima allo stop definitivo) ed all’assenza di novità.
Alfa Romeo Stelvio: inizio di 2020 in calo
Alfa Romeo deve fare i conti con un rallentamento delle vendite dell’Alfa Romeo Stelvio che, di fatto, rappresenta oramai l’unico punto di riferimento della gamma del marchio italiano. Il SUV prodotto nello stabilimento di Cassino ha chiuso il mese di febbraio con un totale di appena 624 unità vendute, un risultato nettamente inferiore rispetto alle oltre 900 unità vendute nel corso del febbraio dello scorso anno. In questo caso, il calo percentuale dello Stelvio è superiore al -30%.
Nel corso dei primi due mesi dell’anno, Alfa Romeo ha venduto un totale di 1.407 unità di Stelvio. Anche in questo caso, c’è da registrare un netto calo delle consegne per il SUV nel confronto con il 2019. Dopo i primi due mesi dello scorso anno, le vendite dello Stelvio sfiorarono quota 2 mila unità in Italia. Il confronto tra i dati del 2020 e i dati del 2019 conferma un calo per il SUV pari al -26%.
Fuori dalla top 10 dei rispettivi segmenti, invece, ci sono sia la Giulia che la Giulietta. Per maggiori dettagli sulle vendite dei due modelli sarà necessario attendere i prossimi giorni.
Alfa Romeo: le prossime novità arriveranno solo nel 2021
Al netto delle nuove Giulia GTA e GTAm, i prossimi mesi saranno privi di novità per il marchio Alfa Romeo che punterà sul 2021 per avviare il suo programma di rilancio. Il marchio italiano, infatti, ha appena presentato i Model Year 2020 di Giulia e Stelvio, che per ora non hanno avuto alcun impatto positivo sulle vendite dei due modelli di segmento D, e si prepara a dire addio alla Giulietta che, come noto, non riceverà una nuova generazione.
Come confermato in via ufficiale la scorsa settimana, l’avvio della produzione dell’Alfa Romeo Tonale, che di fatto rappresenta l’erede della Giulietta, è previsto per la seconda metà del 2021. Di conseguenza, è lecito attendersi una risalita delle vendite per il marchio italiano in Europa soltanto sul finire del prossimo anno. Sarà, invece, necessario attendere il 2022 per il debutto dell’Alfa Romeo B-SUV, il nuovo entry level del brand di cui, al momento, non si conosce ancora alcun dettaglio.
Il gruppo FCA chiude il mese di febbraio registrando un calo del -7% nelle vendite in Italia. Si tratta di un dato negativo e, tutto sommato, in linea con il resto del mercato italiano che, globalmente, fa segnare un calo del -8.8% rispetto ai dati raccolti nel corso del febbraio dello scorso anno. Per il gruppo italo-americano si registra un totale di 41 mila unità vendute. La quota di mercato relativa al mese di febbraio è pari al 25,5%, in leggera crescita rispetto al 25% registrato nel febbraio dello scorso anno.
FCA chiude i primi due mesi dell’anno con un totale di 81 mila unità vendute in Italia e con un calo percentuale del -3.56% rispetto ai dati raccolti nello stesso periodo del 2019. La quota di mercato è del 25,6%. Da notare, inoltre, che il gruppo riesce a fare meglio del resto del mercato italiano che, complessivamente, mette assieme 319 mila unità vendute con un calo percentuale del -7.3% rispetto ai dati dei primi due mesi dello scorso anno.
Vediamo ora come sono andate le vendite dei vari marchi di FCA in Italia.
Fiat
Partiamo dal marchio Fiat che chiude il mese di febbraio con un totale di quasi 28 mila unità vendute ed una crescita del +4.4% rispetto ai dati raccolti nel corso del febbraio dello scorso anno. Per il brand torinese, a febbraio si registra una quota di mercato del 17%, in netta crescita rispetto al 14,9% del febbraio dello scorso anno. Dopo i primi due mesi dell’anno, Fiat registra un totale di 53 mila unità vendute in Italia con una crescita del +5% rispetto ai risultati dello scorso anno. La quota di mercato è del 16.8%.
A trascinare le vendite di Fiat è, come al solito, la Fiat Panda che si conferma l’auto più venduta in Italia con un totale di 14.507 unità vendute ed una crescita del +14% rispetto ai già ottimi risultati ottenuti nel corso del febbraio dello scorso anno. Per la Panda, il totale di unità vendute da inizio anno è pari a 29 mila unità con un miglioramento del +6% rispetto ai dati dello scorso anno. Da segnalare anche i dati positivi della Fiat 500 che chiude il mese di febbraio con 2906 unità vendute, di cui oltre la metà sono 500 Hybrid, portando il totale del 2019 a 6692 unità con un miglioramento del +31% rispetto ai dati dello scorso anno.
Jeep
A pesare sulle vendite di FCA nel corso del mese di febbraio è il calo di Jeep che passa da oltre 9 mila unità vendute lo scorso anno ad appena 5648 unità vendute nel febbraio di quest’anno. Per il brand americano si registra un calo del -40%. Nel parziale annuo, Jeep fa segnare un totale di 11 mila unità vendute con un calo del -26% rispetto ai risultati raccolti lo scorso anno.
Il calo di Jeep è legato a doppio filo al calo della Compass che passa da 5 mila unità vendute a 2 mila unità vendute nel confronto tra il mese di febbraio del 2019 e quello del 2020. Il calo del SUV è legato al cambio di stabilimento di produzione. A partire dal mese di febbraio, infatti, la Compass viene prodotta in Italia e non più in Messico. Staremo a vedere come andranno le vendite del SUV nei prossimi mesi.
La Renegade, invece, si conferma stabile con 3500 unità vendute a febbraio e 6765 unità vendute nel corso dei primi due mesi dell’anno. Ricordiamo che nei prossimi mesi è previsto il debutto sul mercato italiano delle nuove Jeep Renegade e Compass 4xe, le varianti plug-in hybrid dei due modelli della casa americana.
Lancia
Lancia continua a raccogliere buoni dati di vendita in Italia. Nel corso del mese di febbraio, infatti, sono state vendute 5984 unità di Lancia Ypsilon con una crescita del +2.2% rispetto ai dati raccolti nel febbraio dello scorso anno. Dopo due mesi di 2020, invece, le vendite della Ypsilon, che si conferma il secondo modello più venduto in Italia, sono pari a 12200 unità con un calo del -1.84%.
Alfa Romeo
Come abbiamo visto nel nostro articolo d’approfondimento, continua il momento negativo di Alfa Romeo. Il brand italiano, infatti, ha venduto appena 1903 unità nel corso del mese di febbraio registrando un calo del -19% rispetto ai dati del febbraio dello scorso anno. Nel parziale annuo, Alfa Romeo si ferma a 3702 unità con un calo del -23% rispetto ai dati dello scorso anno.
Maserati
In attesa delle novità in arrivo nei prossimi mesi, Maserati continua a registrare dati negativi in Italia. Il marchio del Tridente, infatti, si ferma a 152 unità vendute nel corso del mese di febbraio, con un calo del -41% rispetto ai risultati ottenuti lo scorso anno. Nel parziale annuo, Maserati si porta a 290 unità vendute, con un calo del -32%.
La cancellazione del Salone dell’auto di Ginevra, a causa dell’epidemia di Coronavirus, ha costretto il gruppo FCA a rivedere i suoi piani per la presentazione dei nuovi modelli. Nel corso della giornata di oggi è arrivata la presentazione delle nuove Alfa Romeo Giulia GTA e GTAmed ora si attendere il debutto della seconda novità che era in programma per il Salone di Ginevra, ovvero la Fiat 500 Elettrica.
La versione a zero emissioni della 500, che doveva essere il punto di riferimento della conferenza di presentazione in programma alla fiera svizzera, sarà svelata il prossimo 4 marzo. La conferma è arrivata in queste ore direttamente da FCA che ha annunciato l’evento di lancio che si svolgerà mercoledì prossimo senza però aggiungere alcun dettaglio. Molto probabilmente, la presentazione della nuova Fiat 500 Elettrica avverrà in diretta streaming. Di certo, ne sapremo di più nelle prossime ore.
L’annuncio della data di presentazione, accompagnato dalla frase “l’alba di una nuova era sta arrivando“, è anche l’occasione per il rilascio di un nuovo teaser che ci svela i dettagli del frontale della nuova Fiat 500 Elettrica. Da notare che l’immagine, inviata da FCA via e-mail, è in bassa risoluzione.
Per ora, Fiat ha mantenuto uno stretto riserbo sul progetto della nuova Fiat 500 Elettrica. La versione a zero emissioni della 500 è pronta per entrare in produzione nello stabilimento di Mirafiori dove FCA punta a raggiungere un target di 80 mila unità prodotte all’anno una volta che la produzione del modello sarà entrata a regime.
A Mirafiori saranno prodotte tutte le unità di 500 Elettrica. La vettura sarà esportata dallo stabilimento piemontese in tutti i principali mercati internazionali. Ad oggi, è già confermata la vendita in Europa e in Nord America. La city car sarà commercializzata, molto probabilmente, anche in diversi mercati asiatici e in Sud America.
Ad oggi, non si conoscono ancora i dettagli tecnici del progetto della nuova Fiat 500 Elettrica. La nuova city car elettrica di Fiat potrebbe essere commercializzata con diversi tagli di batteria, in modo da consentire agli utenti di scegliere la versione in base alle proprie esigenze. Per quanto riguarda il prezzo, invece, il listino dovrebbe partire da circa 30 mila Euro che, grazie all’ecobonus statale, potranno diventare meno di 25 Euro.
Per ora non ci resta che attendere il prossimo 4 marzo per la presentazione ufficiale, in anteprima mondiale, della nuova Fiat 500 Elettrica. Continuate a seguirci per tutti gli aggiornamenti sull’evento di lancio.
Leasys, controllata di FCA Bank, ha confermato le proprie ambizioni di operare da pioniere nella mobilità a 360° in Europa acquisendo il Gruppo AIXIA in Francia. Le due società hanno firmato nelle scorse ore un accordo per la cessione del 100% delle azioni che si concluderà entro la fine di questo mese.
AIXIA è una delle realtà più dinamiche nel settore del noleggio a breve termine presente in Francia con i brand RENT&DROP e RENTIZ. Il primo si occupa del noleggio one way dei veicoli commerciali mentre il secondo del noleggio short term di segmenti premium, minibus e microcar.
Leasys, la controllata di FCA Bank conferma le proprie ambizioni nella mobilità a 360°
Leasys: la controllata di FCA Bank acquisisce il Gruppo AIXIA
Il sistema di mobilità sviluppato da AIXIA dà la possibilità di gestire tutti gli aspetti relativi al noleggio a breve di veicoli per aziende, professionisti e clienti privati, compresa la prenotazione e il pagamento online dei servizi.
Con l’acquisizione e il prossimo rebranding del Gruppo AIXIA, FCA Bank espande ulteriormente le proprie attività nell’ambito della nuova mobilità tramite Leasys. Quest’ultima punta a consolidare la propria presenza sul territorio e ad ampliare la gamma di prodotti innovativi.
Giacomo Carelli, CEO di FCA Bank e presidente di Leasys, ha dichiarato: “Il raggiungimento di questo accordo rafforza ancora di più il nostro ruolo di leader della mobilità a 360 gradi in Francia e in Europa. Il Gruppo AIXIA rappresenta un’eccellenza nel noleggio short-term e consentirà a Leasys di ritagliarsi un ruolo ancora più significativo quale player globale e integrato della mobilità, in particolare ibrida ed elettrica, grazie ai nuovi prodotti di FCA, ampliando la propria flotta e i servizi innovativi per la clientela“.
Jean-Claude Facques, presidente e fondatore del GruppoAIXIA, ha detto: “L’assunzione del controllo da parte di Leasys rappresenta una magnifica opportunità per le aziende che fanno parte del Gruppo AIXIA, in quanto i nostri team disporranno di nuovi mezzi per proseguire i lavori intrapresi dalla nascita del gruppo, sia in termini di innovazione che di servizi o sviluppi informatici“.
L’ex progetto di Google, Waymo, sta diventando un business più autonomo grazie ai primi investitori.
Nelle scorse ore, infatti, il progetto di guida autonoma ha ottenuto 2,25 miliardi di dollari da un gruppo di investitori guidati da Silver Lake e Canadian Pension Plan Investment Board per permettere l’azienda di continuare a sviluppare la sua tecnologia di guida autonoma.
Waymo, il progetto si affida alla Chrysler Pacifica di FCA per effettuare i test
Waymo: il progetto di guida autonoma di Alphabet potrebbe ottenere altri investimenti
Altri investitori nell’accordo annunciato ieri sono Mubadala Investment Company, Magna International, Andreessen Horowitz e AutoNation. Fino ad ora, Waymo si è affidata esclusivamente alle tasche profonde della sua società madre Alphabet che sta comunque contribuendo all’investimento da 2,25 miliardi di dollari.
L’arrivo di questa grossa somma di denaro da parte dei nuovi investitori segna il più grande passo per il progetto di self-driving car. Gli analisti hanno ipotizzato che alla fine, quando la tecnologia diventerà abbastanza avanzata, inizierà a generare entrate significative.
John Krafcik, CEO di Waymo, ha affermato che uno spin-off da Alphabet è stato preso sempre in considerazione. Durante una teleconferenza tenutasi ieri con dei giornalisti, il dirigente ha dichiarato che considerano questo investimento come un’altra conferma di ciò che stanno facendo.
Purtroppo, Krafcik ha rifiutato di rivelare quanto Waymo viene valutata dagli investitori ma ha detto che la società potrebbe raccogliere ancora più soldi. Alphabet non fornisce dettagli specifici sulle performance finanziarie del progetto di guida autonoma ma raggruppa i suoi risultati con altri progetti e società ad alto rischio noti come “Altre scommesse“.
La divisione ha perso 4,8 miliardi di dollari l’anno scorso con un fatturato di soli 650 milioni di dollari. Tuttavia, gli analisti sostengono che Waymo potrebbe rivelarsi una miniera d’oro poiché è considerato il progetto leader nella corsa alla realizzazione di auto robotiche che potrebbe alla fine eliminare la necessità di persone dietro il volante e rivoluzionare il modo in cui la gente si muove.
Fino ad ora, Waymo sta effettuando solo un piccolo servizio di trasporto passeggeri nella zona di Phoenix, anche se ha in programma di espandersi in altre zone degli Stati Uniti e successivamente anche a livello internazionale.
Da oggi fino al 18 marzo, Ferrari presenterà le sue ultime cinque vetture lanciate nel 2019 durante un esclusivo road show. Le F8 tributo, 812 GTS, SF90 Stradale, F8 Spider e Roma, riunite assieme per la prima volta, parteciperanno a una serie di eventi organizzati nelle sette concessionarie svizzere di Maranello.
Secondo il comunicato stampa ufficiale, questa iniziativa permette ai clienti svizzeri del cavallino rampante, che avevano in programma di visitare lo stand del marchio presso il Salone di Ginevra (annullato per via del coronavirus), di godere di questi capolavori automotive in un’atmosfera esclusiva.
Ferrari SF90 Stradale, la prima ibrida plug-in di Maranello
Ferrari: F8 tributo, 812 GTS, SF90 Stradale, F8 Spider e Roma esposte negli showroom svizzeri fino al 18 marzo
Le cinque supercar della casa automobilistica modenese rappresentano al meglio il motto “Different Ferrari for different Ferraristi” che sottolinea come la gamma di Maranello sia disegnata per far parte di nuovi segmenti di pubblico senza però rinunciare alle caratteristiche che da sempre contraddistinguono le auto dell’azienda: esclusività, prestazioni ed eccellenza tecnologica.
Il comunicato conclude dicendo che eleganza, prestazioni, versatilità e fun-to-drive sono i quattro assi portanti della nuova articolazione della line-up della società automobilistica italiana dove sia i fan di sempre che le nuove generazioni di ferraristi possono trovare la vettura preferita.
I prezzi dei carburanti segnano un nuovo ribasso. Nel fine settimana, Eni ha diminuito il prezzo di benzina, diesel e GPL di 1 centesimo al litro.
Il QuotidianoEnergia ha effettuato un’elaborazione prendendo in considerazione i dati comunicati dai gestori all’Osservaprezzi carburanti del Mise ed elaborati dalla Staffetta, rilevati alle 8:00 di domenica mattina su circa 15.000 impianti presenti in Italia.
Carburanti, i prezzi di benzina, diesel e GPL registrano un nuovo calo
Carburanti: i prezzi sono stati rilevati prendendo in considerazione circa 15.000 impianti presenti in Italia
Il prezzo medio nazionale in modalità self della benzina è stato di 1,544 euro al litro rispetto a 1,550 euro rilevato venerdì. Si va da 1,541 euro a 1,559 euro al litro a seconda del gestore scelto.
Il prezzo medio praticato del diesel, invece, è di 1,431 euro al litro rispetto a 1,438 euro registrato venerdì. Si va da 1,428 euro a 1,446 euro al litro. Per quanto riguarda il carburante servito, il prezzo medio praticato della benzina è stato di 1,690 euro al litro rispetto a 1,695 euro al litro registrato venerdì. Si va da 1,645 euro a 1,766 euro al litro.
Il diesel ha registrato una media di 1,579 euro al litro a differenza di 1,585 euro rilevato venerdì. Si va da 1,538 euro a 1,666 euro al litro. In conclusione, il GPL, a seconda della compagnia, parte da 0,616 euro e arriva a 0,632 euro.
Jeep ha comunicato nelle scorse ore l’apertura dei preordini della sua prima bicicletta elettrica chiamata Jeep e-Bike. Dopo aver visto l’annuncio del Super Bowl con Bill Murray in sella a un’insolita bici elettrica, molte persone si sono chieste di quale modello si trattasse.
È la prima bicicletta elettrica prodotta dalla casa automobilistica statunitense dedicata a tutti coloro che amano l’off-road ma non possono permettersi di acquistare un 4×4 oppure preferiscono non inquinare l’ambiente.
Jeep e-Bike, sospensioni presenti sia anteriormente che posteriormente
Jeep e-Bike: la casa statunitense dà il via ai preordini della sua prima bici elettrica
Con questo nuovo prodotto, il marchio di Fiat Chrysler Automobiles (FCA) segue la solita tendenza che le case automobilistiche sono in grado di progettare anche bici. Jeep afferma che la nuovaJeep e-Bike è “la mountain-bike elettrica off-road più capace disponibile sul mercato“.
A giudicare dalle specifiche tecniche, la e-Bike potrebbe essere un’opzione da prendere in considerazione se si desidera acquistare una mountain-bike da usare ogni giorno, anche sulle strade più difficili.
Proprio come le proposte di altri produttori come Haibike, Canyon e Santa Cruz, che sono specializzati esclusivamente nel segmento delle biciclette off-road, la Jeep e-Bike è fatta per l’uso fuoristrada poiché troviamo dei grossi pneumatici da 26″ per poter viaggiare su tutti i tipi di terreno che la bici può incontrare, compresi neve e rocce.
Inoltre, troviamo un sistema di sospensioni molto simile a quello di una bici enduro, da 150 mm sulla parte anteriore e da 120 mm su quella posteriore. Queste due caratteristiche rendono la bici elettrica più morbida.
Il motore elettrico presente sulla e-Bike propone una potenza di 750W, più che sufficiente per spingerla sulla maggior parte dei percorsi off-road. La potenza può essere erogata tramite la pedalata assistita o l’acceleratore a pollice, a seconda della configurazione scelta.
Per fermare la Jeep e-Bike è possibile sfruttare i freni a disco idraulici a quattro pistoncini con diametro di 203 mm sia davanti che dietro. La casa automobilistica statunitense ha collaborato con QuietKat per lo sviluppo di alcuni accessori dedicati alla bici. Il prezzo di partenza è di 5899dollari (5306euro) e può essere preordinata da subito mentre le spedizioni inizieranno a giugno 2020.
Il marchio Fiat ha chiuso in positivo il mese di febbraio in Italia, registrando numeri in netta contro-tendenza rispetto al resto del mercato italiano. Il risultato del brand è legato in particolare agli ottimi dati raccolti dalla Fiat Panda che continua a registrare vendite più che soddisfacenti. La segmento A prodotta nello stabilimento di Pomigliano d’Arco ha chiuso il mese di febbraio conquistando, nuovamente, il titolo di auto più venduta in Italia.
Per la Panda, il totale di unità vendute a febbraio è stato pari a 14.507 con una crescita del +14% rispetto ai dati raccolti nel corso del febbraio dello scorso anno. La segmento A, grazie ai risultati di febbraio, si porta a 28.967 unità vendute da inizio 2020 in Italia registrando una crescita del +6% rispetto ai dati dei primi due mesi dello scorso anno.
Da notare che la Fiat Panda ha una quota di mercato del 53% del segmento A e del 9% dell’intero mercato italiano confermando il suo ruolo di leader indiscussa nel nostro Paese. Da segnalare che le Panda vendute in Italia sono quasi tutte dotate di alimentazione a benzina. Nei primi due mesi sono state vendute solo 3.518 unità di Panda a GPL, con un calo del -14% rispetto allo scorso anno, e meno di 600 unità di Panda a metano, con un calo del 40% rispetto allo scorso anno. Ancora non pervenuta la nuova Panda Hybrid.
Ypsilon seconda, quarta la 500X
Alle spalle della Fiat Panda, tra le auto più vendute in Italia, troviamo la “solita” Lancia Ypsilon che registra un totale di 12.202 unità vendute, un risultato che si traduce in un calo percentuale del -1.8% rispetto ai risultati registrati nel corso dello stesso periodo dello scorso anno. La city car di lancia precede la Renault Clio, terza con un totale di 7.888 unità immatricolate nel corso dei primi due mesi dell’anno in Italia.
Subito giù dal podio troviamo, invece, la Fiat 500X, che è anche il secondo modello più venduto tra quelli prodotti in Italia, che si ferma a 7.183 unità vendute, un risultato praticamente in linea con i dati dello scorso anno. Alle spalle del crossover di Fiat troviamo la Citroen C3, con 6.860 unità vendute, e la Jeep Renegade, sesta con 6.765 unità vendute e vendite praticamente in linea con lo scorso anno.
A completare la Top 10 dei modelli più venduti in Italia troviamo la Volkswagen Polo con 6.731 unità immatricolate, la Fiat 500, con 6.692 unità vendute (di cui 2.309 sono 500 Hybrid), l’Opel Corsa, con 6.442 unità vendute, e la Volkswagen T-Cross, decima con 6.344 unità vendute in Italia nel corso dei primi due mesi del 2020.